Energie Rinnovabili: come realizzare un impianto IAFR Sentenza del TAR Puglia

21.12.2009 11:00

 

ORGANO GIUDICANTE:  TAR Puglia (Ba), Sez I
PAROLE CHIAVE: Sviluppo sostenibile;  Impianti eolici ; compatibilità ambientale; termine ordinatorio; termine  perentorio


MASSIMA: i termini del procedimento di autorizzazione unica e quello relativo al rilascio della VIA devono essere considerati perentori. Ciò perché i procedimenti di cui sopra servono per la costruzione di impianti alimentati ad energie rinnovabili che vengono qualificati come urgenti, indifferibili e di pubblica utilità.


FATTO: La società ricorrente espone di aver presentato, in data 19 luglio 2007, domanda alla Provincia di XX ed alla Regione XX rispettivamente per la verifica di assoggettabilità a v.i.a. e per l’autorizzazione unica, ai fini della realizzazione di un impianto eolico costituito da 29 aerogeneratori, di potenza complessiva pari a 58 MW.
Successivamente, riceveva tre note del Comune di XX con cui quest’ultimo esprimeva un parere negativo sul progetto presentato.
Il ente locale convenuto lamentava, in particolare, che l’impianto eolico sarebbe andato ad insistere in una zona particolarmente ricca di aerogeneratori e, comunque, da ubicare in aree definite ‘ineleggibili’ dalla tavola n. 16 dell’approvando PRIE comunale.


MOTIVI DELLA DECISIONE:  I giudici pugliesi, nella loro motivazione in punto di diritto rilevavano che sia i termini previsti per la conclusione della valutazione di impatto ambientale  (90 giorni) sia per il sub-procedimento di verifica dell’assoggettabilità a v.i.a  e cioè lo screening (60 giorni) sia quello per il rilascio della autorizzazione unica (180 giorni) sono perentori.
In particolare, l’ultimo  dei termini sopra segnalato deve qualificarsi quale principio fondamentale in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, in quanto tale disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo (così Corte cost., sent. 9 novembre 2006 n. 364).
Il loro spirare determina la conclusione del procedimento e non possono essere sostituiti da atti endoprocedimentali a prescindere dalla loro qualificazione.
Alla luce di quanto descritto, il TAR adito dichiarava inammissibili i ricorsi della ricorrente poiché gli atti da questa impugnati sono stati emanati prima della conclusione dei relativi procedimenti e dei relativi termini perentori.
Per tali motivi, non vi sarebbe nessuna lesione provocata dall’arresto di un iter procedimentale che ancora non è concluso e, soprattutto, che non può essere interrotto da un provvedimento anteriore rispetto al termine perentorio ed espressivo di una mera volontà endoprocedimentale.


OSSERVAZIONI CONCLUSIVE: La sentenza n° 2107 del 24 settembre 2009 del TAR Puglia (BA) Sez. I fonda la propria ricostruzione nella qualificazione di perentorietà dei termini che regolano i procedimenti amministrativi necessari  per il rilascio della autorizzazione unica e della VIA.
Può essere analizzata in modo completo solo attraverso una ricostruzione dell’istituto giuridico del termine.
In particolare, un termine viene detto perentorio se un atto o una attività, pena l’inammissibilità successiva e la sottoposizione a sanzioni, devono essere compiuti entro il lasso temporale di scadenza del medesimo.
Obbliga, in termini assoluti, il compimento di una data attività entro un determinato lasso temporale, al fine di fornire tempestività e certezza temporale all'attività medesima. Alla base ed a fondamento del termine perentorio, v’è un giudizio di valore, nel senso che la previsione di un termine di tal genere esprime l'importanza che il legislatore conferisce al tempestivo compimento di quella data attività.


Il termine é, invece, ordinatorio, se, all'inosservanza del medesimo, non sono previste sanzioni o effetti sfavorevoli in quanto ha la funzione di "ordinare" l'attività amministrativa, indirizzandola verso determinate procedure ed esiti; per cui, il non rispetto non comporta il verificarsi di decadenze e l'applicazione di sanzioni.
In generale si deve rilevare che il termine ha carattere perentorio, qualora la legge o lo stesso atto prevedano una decadenza in caso contrario, possiede carattere ordinatorio.


Il problema sorge quando la legge nulla dice in merito. La dottrina  e la giurisprudenza , affermano che nel silenzio della legge, si considerano ordinatori i termini per l'emanazione di atti favorevoli, mentre si considerano perentori quelli previsti per gli atti a carattere sanzionatorio e decadenziale o motivati da particolare esigenze e scopi perseguiti dalla legge, al fine di creare una situazione di favor per l'amministrato, il quale si trova di fronte alla P.A. in una posizione più debole (T.A.R. Basilicata n. 546 del 15 settembre 2000; T.A.R. Toscana, sez. III, n. 399 del 3 dicembre 1998; T.A.R. Veneto, sez. I, n. 324 del 10 marzo 1999; T.A.R. Lazio, sez. I, n. 1723 del 10 novembre 1997; T.A.R. Basilicata n. 342 del 30 ottobre 1998; Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1139 del 2 settembre 1999; T.A.R. Trentino Alto Adige, sez. Trento, n. 364 del 20 ottobre 1999; Consiglio di Stato, sez. V n. 621 del 3 giugno 1996).


Alla luce di quanto esposto, il carattere perentorio dei termini per i procedimenti di VIA ed autorizzazione unica si coniuga perfettamente con la natura di indefettibile, urgente e di pubblica utilità riconosciuta all’impianto alimentato da fonti rinnovabili.


In altre parole, nel caso delle norme sopra analizzate, sono le rationes legis a trasfondere il carattere di perentorietà nel termine.
Ciò è ancora più evidente se si considera il contesto normativo dal quale è scaturita  articolo 1 della legge n.10 del 9 gennaio 1991 secondo cui : “al fine di migliorare i processi di trasformazione dell’energia, di ridurre i consumi di energia e di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell’utilizzo dell’energia a parità del servizio reso e di qualità della vita, le norma del presente titolo favoriscono ed incentivano, in accordo con la politica energetica europea,il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell’utilizzo di manufatti, l’utilizzazione di fonti rinnovabili di energia ……”.
Tale posizione legislativa trova fondamento nell’ambito della legislazione internazionale e in quella comunitaria.
In primis, nell’ambito del diritto internazionale il fondamento dell’implementazione dell’uso delle fonti rinnovabili  è da rinvenire all’interno del protocollo di Kyoto, il quale nell’articolo 2 afferma che: “  ….. le Parti incluse nell’Allegato I si impegneranno ad attuare le politiche e misure previste nel presente articolo al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi, inclusi gli effetti avversi del cambiamento climatico, gli effetti sul commercio internazionale e gli impatti sociali, ambientali ed economici sulle altre Parti….”.introdotto nell’ordinamento italiano con la legge 120 del 1 giugno 2001.


Ma con l’art. 174, comma 2 del trattato U.E che nasceva  il vero fondamento della politica comunitaria in ambito ambientale, poiché affermava che  “ la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle  varie  regioni  della  Comunità.  Essa  è fondata sui  principi  della  precauzione  e  dell'azione  preventiva,  sul principio della correzione,  in  via  prioritaria  alla  fonte,  dei  danni causati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”..”.


In ottemperanza alla suddetta norma e nell’ottica della primauté del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, nasce un sistema legislativo del comparto energetico e di quello ambientale caratterizzato, come già accennato, dalla simultanea presenza di strumenti fiscali ed incentivi economici diretti sia a incoraggiare e promuovere la produzione energetica ecologicamente sostenibile sia a penalizzare l’emissione di gas climalteranti; al riguardo, basta ricordare la giurisprudenza di legittimità secondo cui “con l'Atto Unico Europeo del 1986, artt. 130R, 130S e 130T, recepito in  Italia con la L.  n.  909/1986,  sono  stati  introdotti  nel  nostro  ordinamento giuridico tre principi relativi all’ ambiente, che impegnano direttamente lo Stato italiano verso la Comunità e che devono essere  applicati  anche  dai giudici perché fanno parte dell'ordinamento: principio  della  prevenzione; principio "chi inquina paga"; principio per cui si  deve  sempre  garantire all'ambiente  una  protezione  giuridica  interna  uguale  o  più  rigorosa rispetto a quella comunitaria, ma non inferiore” .

Avv. Alessio Elia

Avvocato tributarista specializzato nel settore delle energie rinnovabili e dei biocarburanti.Laurea in giurisprudenza con una tesi sul principio di precauzione nel commercio internazionale; master in diritto trib e giurista d'impresa.
 

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